La storia risale agli anni sessanta: Gio con l’amico del cuore erano ragazzi irrequieti, abitavano in un piccolo paese di montagna, sempre alla ricerca di qualche avventura che potesse distrarli dalla quotidianità fatta di lavoro nei campi, taglio della legna nel bosco, mungitura delle mucche etc.
Un giorno nel loro vagabondare si erano arrampicati sul muro di cinta della canonica retrostante la chiesa di San Michele e da li avevano scoperto che le galline allevate dal prete deponevano le uova aggrappate ai muriccioli diroccati e che da li cascavano lungo la parete verticale per rimanere invischiati nei cespugli che numerosi crescevano lungo il muro, la sorpresa era stata grande quando sporgendosi a guardare lungo il muro avevano scoperto che le uova erano decine e che con un po di fatica e qualche stratagemma potevano essere recuperate.
Da provetti boscaioli avevano legato una fune ad una grossa sporgenza e si erano calati lungo il muro con un paniere e della paglia, i cespugli, di uova ne avevano trattenute una quindicina alcune rotte altre depositate probabilmente qualche mese avanti e da scartare .
Il problema era cosa farne, portarli in casa poteva essere di grande conforto per la parca economia dei tempi, ma bisognava giustificarne la provenienza, i genitori potevano pensare a un furto o a chissà cosa, l’avventura poteva finire a cinghiate (così usava)
A quei tempi in paese esisteva una piccola bottega gestita da un vecchia signora dove gli abitanti trovavano di tutto, dal pane cotto nel forno a legna, al formaggio e al burro di malga, al sapone a scaglie, alla lisciva per lavare i panni, alle caramelle fatte di piccoli cilindretti bianchi il cui sapore somigliava a un farmaco mentolato.
L’idea di Gio era stata fulminea e si rivelò geniale: perché non portare le uova alla bottega e venderle o scambiarle con qualcosa di più appetibile? Come giustificarne la provenienza? I due amici pensarono di raccontare che in cambio di lavori nei poderi vicini venissero ripagati con le uova, così andò: con la prima mandata ne ricavarono alcune caramelle, un pezzetto di cotognata (quella cremonese nella scatola di legno) , due panini di semola e due sassi di acetilene (serviva per i botti con le lattine).
Col tempo il recupero delle uova dai cespugli divenne una fonte di approvvigionamento e sfizio dei due amici, naturalmente dovettero inventarsi che andavano anche nei paesi vicini a lavorare in cambio di uova.
La storia andò avanti per tutta la primavera e l’estate, con l’avvicinarsi dell’autunno , il prete isolò le galline in un pollaio coperto , negli incontri con la comunità parrocchiale raccontava che le galline col caldo estivo non avevano più prodotto uova e che finalmente con l’inizio della stagione fredda avevano ripreso alla grande la deposizione, un vero miracolo.
Tutte le cose belle prima o poi finiscono, per Gio e per il suo amico quella fu una stagione da ricordare, veramente speciale.
Buona Pasqua con l’aggiornamento del sito.