Quel giorno io Pillo e Paolo di mattino presto ci eravamo dati appuntamento al ponte, alla confluenza delle stradine che conducono alle varie baite, andavamo per funghi porcini il cui profumo avevamo percepito nettamente lungo le stradine di Pezzoro, (il profumo è l’unica spia che a noi profani dei luoghi permette di capire se è tempo di funghi o no). Paolo avrebbe provveduto ai panini, Pillo al vino (un bianco dei castelli romani conservato gelosamente in attesa di un’occasione particolare diceva!) io avrei pensato al dolce e ai panieri .
Eravamo stati puntuali, Pa era arrivato con uno zainetto militare supermimetico ( enorme!), scarponi da funghi (con suole leggermente aperte, ma comode!) pantaloni verdi con tre grosse “pezze”, due alle ginocchia e l’altra al culo, un berretto sul cucuzzolo tipo kippah, un bastone di legno bitorzoluto (per le vipere diceva); Pi aveva pantaloni di velluto a zampa di elefante (oggetto quanto mai raro), camicia a quadri di flanella pesante, due larghe bretelle a stelle e strisce comprate al mercatino americano, i vecchi anfibi sottratti al servizio militare di 30 anni prima e un bastone da lui disegnato e costruito con legno di corniolo con il manico a testa di serpente a sonagli.
Io avevo scarpe da ginnastica, pantaloni di tela e una felpa col cappuccio, nello zaino formato microscopico inoltre avevo un cerato impermeabile nell’eventualità di pioggia.
Poche chiacchiere dopo il buongiorno ed eccoci arrancare per il primo durissimo tratto di salita che porta ai 1400 metri del rifugio Pontogna, il silenzio trascorso nei primi minuti accentuava il respiro affannoso e la totale mancanza di allenamento della compagnia, rotto il fiato (come dicono in montagna), Pa da grande affabulatore quale era ha iniziato (salvo riprendere fiato ogni tanto) lo scioglilingua, racconti, storielle, accadimenti, barzellette .
Il sentiero sale ancora tra castagni, vecchie abetaie e faggi per arrivare al rifugio, l’aria è frizzante leggermente ventosa eppure rivoli di sudore scendono dalla fronte lungo le guance di Pi, si prospetta una giornata calda.
Le maniche arrotolate, il maglione deposto nello zaino Pi fa a gara con Pa nei suoi racconti e aneddoti, Pa magro e secco (somiglia a Don Chisciotte!) resta ben coperto e composto si agita solo nel raccontare e nel descrivere le sue memorie, Pi snocciola litanie affannate ; a volte io resto indietro di qualche metro e li vedo gesticolare animatamente, fermarsi uno di fronte all’altro sovrapporre le loro voci per poi riprendere il cammino; ricordi, amici, occasioni, peripezie di cui hanno memoria simile s’intrecciano, si completano ed eccoli ancora “ ma ti ricordi?? E via con nomignoli, sopranomi, esclamazioni.
Non ho distolto l’orecchio da quei conciliaboli a due, non conosco i luoghi, i nomi , loro mi svelano in tutto i fatti, precisano, dettagliano, aggiungono, ridono.
Il rifugio arriva in un baleno non ci fermiamo e proseguiamo verso la “pozza delle vacche”, il sole alle spalle scalda decisamente, il bosco è sparito e per un tratto il panorama è stupendo, il Guglielmo, il Colle di San Zeno, le Colombine, il Maniva, il Muffetto, il Monte Campione, verso est il monte Baldo a degradare sul lago di Garda.
La discesa verso la Val Cavallina è rilassante , in prossimità di un torrente Pa nasconde al fresco il vino, la nostra meta è “il posto dei funghi” che Pa ci ha tanto magnificato, dopo una breve radura l’abbaiare feroce di cani anticipa una malga abitata da mandriani stagionali, Pa è già dentro con parole e gesti confidenziali a chiedere conferme delle sue conoscenze dei luoghi e dei vecchi che una volta lì risiedevano.
Il sentiero scende ancora e dopo aver attraversato il torrente Morina, s’inoltra sul fondo di un canalone completamente ricoperto di vegetazione d’alto fusto, il sottobosco è completamente ricoperto di foglie, il segreto sta per essere rivelato ….. ecco, qui! Questo è il posto. E ciò detto, Pa con passo rapido inoltrarsi nella boscaglia ,anch’ io e Pi come frustati ci buttiamo dentro; inizialmente la ricerca è frenetica, il caldo si fa sentire, nugoli di moscerini ci attorniano, di funghi niente, ci diamo un po’ la voce per non perderci e per cercare conferme alle nostre speranze; l’esperto Pa non si sente.
Come la lepre d’un tratto si blocca e drizza le orecchie nella più assoluta immobilità e attenta osserva, così io d’un tratto nello scoprire un magnifico porcino solo e maestoso, l’occhio corre alla ricerca di altri esemplari nei pressi, la scoperta è stata ancora inespressa e finalmente grido, Pi si precipita, Pa è lontano, morirà d’invidia alla vista del fungo, lui esperto ed io pivello col mio esemplare di 6 etti e mezzo (così sentenzia Pa) sano e sodo. Per me la ricerca è finita (più di così!!), Pi e Pa invece non rinunciano fino a tardi quando si presenteranno con i panieri pieni di verdoni, rossole, manine etc., ma niente porcini, doveva essere una saga e invece …
Conclusione leggendaria: “Naturalmente le notizie volano e la storia di quel porcino da me trovato si diffuse rapidamente, orde di cercatori si cimentarono nella ricerca, ma quello rimase l’unico di quel caldo luglio del 2010. Dopo anni ancora se ne parla”